Lunedì 28 giugno alle 19, presso il Lido Eden di Avola (SR), Duccio Di Stefano, collaboratore de “La Civetta di Minerva”, presenterà la sua nuova pubblicazione, “L’ombra fausa del mandorlo”.
A moderare la conversazione, Corrado Morale e Maria Lucia Riccioli.
Duccio Di Stefano, che collabora anche con il sito web “Golfo di Noto” (qui potete trovare qualche informazione sia sull’autore che sulle sue pubblicazioni: https://www.golfodinoto.it/ducciodistefano.html?fbclid=IwAR1PxApYM75RRJXnOC4OBBFhNhBXItgsoZgWpgE8oeiGDJRAqjKavCY4Ogw), con racconti ed estratti dalle sue opere, ritorna a pubblicare in una forma narrativa, quella della raccolta di racconti – forse la sua cifra stilistica più vera – incorniciata nella storia dell’attore Ramón Cabrera, che riceve la misteriosa richiesta di un’intervista da parte del sedicente giornalista Akero Piovani: chi è il cacciatore dei sogni del sottotitolo?
In un gioco di specchi, le confessioni del vip schivo e ormai stanco si intrecciano al ritmo affabulante dell’infanzia e dell’adolescenza di Nino, il Ramón prima della fama e del successo, tra l’ingenuità e la crescente consapevolezza della sua diversità nello stare al mondo rispetto ai compagni “spetti” e maliziosi, la sensibilità e il gusto per la bellezza della natura – la campagna, il mare, i frutti della terra… – e la scoperta del sesso e dell’amore, la famiglia – il cugino medico, il mito del padre, amato, troppo amato, forse ingombrante – e il desiderio di evasione, di una vita differente, di sogno.
Non mancano i temi sociali: l’Argentina dei siciliani migranti si specchia nella tragedia contemporanea dei migranti africani; le trasformazioni del paese negli ultimi quarant’anni inquinano le reminiscenze del Nino bambino negli anni Settanta.
L’italiano standard e a volte regionale si alterna al dialetto di alcune parole ed espressioni; lo stile è semplice e oscilla tra i monologhi di Nino-Ramón e i dialoghi con Akero, che spesso si limita a passare la palla, per così dire, al protagonista per permettergli di raccontare della scuola – tra bullismo e crescita -, delle comitive e dei giochi tra cugini e amici, della campagna – il baggio assurge a luogo del mito, a locus amoenus, ad Itaca personale di Cabrera -, di ragazze e dintorni, di feste patronali, di domeniche infinite, di mare come limite e simbolo di infinito, di scelte e destino: conta essere ciò che si desiderava, conta far coincidere le proprie aspirazioni con la maschera con cui ci presentiamo al mondo, senza infingimenti – e davvero in questo romanzo atipico, sui generis, le maschere e gli specchi si moltiplicano, e Nino-Ramón-Duccio diventano un intrico avviluppato che forse solo il reporter Akero potrebbe dipanare…
I bicchieri di vino si riempiono e si svuotano e le pagine scorrono tra racconti e versi, riflessioni e ricordi.
Forse anche le parole sono “fause”, false, quasi fossero “foglie di mandorlo strette, sottili e false”, pronte a proiettare “la loro ingannevole ombra”? “Perché – da che mondo e mondo – l’ombra del mandorlo è completamente “fausa”, falsa cioè, è solo colore e nenti friscu!”.
Eppure resta, la fiducia nella parola: “se lasci qualcosa di scritto, è come se dessi uno schiaffo alla paura”.
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