Antonio Gelardi, da Augusta a Piazza Armerina ad avviare progetti. Nei giorni “liberi” dal carcere pure a Catania per dare impulso alle attività di reinserimento.

Con molto piacere e a grande richiesta ritorna sulle pagine della Civetta il Diario Racconto di Antonio Gelardi, instancabile, immarcescibile, super attivo ex Direttore dell’Istituto penitenziario di Augusta, da due anni a dirigere quello di Piazza Armerina, e adesso pure dirigente a Catania.

Quasi due anni vissuti per strada, dal giorno in cui arrivando nella nuova sede di Piazza Armerina (quel carcere inerpicato sulla collina, un posto improbabile per una istituzione che l’ordinamento vorrebbe connessa col territorio), quando, aprendo lo sportello per scendere dalla macchina, una giovane dottoressa in servizio in Istituto si avvicinò sorridente dicendo:  piacere direttore  sono N,  la  aspettavamo…

E questa frase mi proiettò subito nel presente, dandomi la piccola spinta che serviva per un nuovo inizio. Meno confortante fu il primo giro dell’Istituto, poiché a causa di lavori di ristrutturazione non c’erano (o meglio andavano ricreati) i locali per lo svolgimento delle attività: aule, laboratori, biblioteca. C’era però un progetto, anzi, un bel progetto pensato ed articolato da Gabriella, la collega che mi aveva preceduto; già finanziato e da avviare. Avviamolo quindi, ci dicemmo con Samantha che mi stava accompagnando in questo nuovo inizio. Qui la biblioteca, qui la palestra, qui l’aula scolastica, lì il laboratorio (ma laboratorio di che? beh non ci fermammo su queste sottigliezze).

Poi fu pizzeria, cucina, laboratorio di ceramica, di tutto un po’.  Tanto che il Prefetto di Enna in visita in istituto nei giorni scorsi chiese “ma usate lo stesso forno per pizze e ceramica… ? Non arriviamo a tanto, Eccellenza. Per la ceramica quello a destra, più grande…

La biblioteca doveva essere il cuore pulsante, luogo di incontro, laboratorio anch’essa non deposito di libri, ma luogo dove il libro viene letto, sfogliato, annusato da qualcuno (anche se a volte è il libro che sceglie il lettore). Certo un po’ visionari occorreva esserlo, avendo di fronte quello stanzone con le pareti grezze ed il pavimento sventrato…

Ma poi, a poco a poco, prima venne collocato il parquet, poi le cassette dei vini alle pareti, come mensole naif, poi partì il Book Crowd Funding per ricevere donazioni di libri mobilitando tutti gli amici in primo luogo quelli dell’Associazione Lealtà e Condivisione e del giornale La Civetta di Minerva, Marilia, Toi Bianca, Carmelo Miduri, e tanti, tanti altri. Il tutto partendo da un disegno schizzato sella scrivania della direzione. Nel frattempo aderimmo all’evento nazionale “La  partita con papà” unita ad un incontro con le famiglie, con la rotonda piena di detenuti, familiari, bambini, un assembramento che sembra di un’epoca lontana. E ancora: la Pizza, galeotta l’estate scorsa nel momento della grande illusione della avvenuta fine della pandemia, dopo la primavera del “Restate a Casa” di cui fu realizzato dai detenuti uno striscione  che campeggiava nel frontale dell’Istituto.

Arriviamo a questi giorni, non dimenticando tante altre cose perché l’Istituto, dopo lo stop totale – niente colloqui niente attività, da fine febbraio a tutto maggio – ha riaperto a giugno 2020  “con juicio” e non ha mai richiuso e quindi via al corso di cucina tenuto da Pierelisa, straordinaria amica, giornalista, cuoca e tanto altro e via ai corsi di pittura, di ceramica, musicoterapia. Ma torniamo ai luoghi, agli ambienti: avendo sfruttato al massimo quelli interni, abbiamo iniziato a sfogare la furia trasformatrice sull’esterno. E qui va aperta una parentesi: il carcere rischia spesso di essere un luogo dal tempo fermo e anche per questo mi è sempre piaciuto dedicare molto tempo agli spazi, alle ristrutturazioni,  utilizzando la squadra manutenzioni, e grazie al fatto che in carcere si trova di tutto (l’idraulico, il carpentiere, l’elettricista). E ritorna in gioco N, la dottoressa del primo giorno: pollice verde e, come scoprirò, anche designer. Così sempre sulla scrivania della direzione prende forma una nuova idea: le aiuole nel piazzale e l’orto nello spazio prospiciente la cucina. A volte le idee sono così, restano sospese nell’aria, magari scontano il subentrare  di emergenze e priorità, o stanno in attesa che sopravvengono le risorse, e al momento opportuno riprendono forma e ci si rimette all’opera. In questo il carcere di Piazza Armerina è speciale, quando si va in un posto per studiare una miglioria , s’arricogghiunu tutti ed ognuno dice la sua….Direttore non si potrebbe ma ….

E così si inizia: le aiuole vengono a terrazza, in un angolo sorge una fontana con una vasca (“direttore sto cambiando casa non ho spazio per l’acquario posso portare i pesci..”); si sperimenta una copertura con rete ombreggiante sostenuta da cavi in acciaio e da lì si pensa ad organizzare nel piazzale l’evento Festa della Musica è un attimo (vedi foto) – per me, per la squadra manutenzione che passa giorni sotto il sole a montare, forse  un po’ meno –

E così il 21 di Giugno, nel piazzale interamente rinnovato i dieci componenti del “gruppo di musicoterapia” guidati da Viviana (la psicologa reclutata anche  come vocalist ) e Roberto, avranno l’opportunità di esibirsi all’aperto davanti a tanti amici dell’Istituto, al sindaco, a volontari appositamente intervenuti. Brano cult l’Ave Maria di Gounod per tastiera e clarinetto (già, perché nel gruppo c’è pure un clarinettista da poco detenuto che tutto si immaginava quando venne arrestato tranne di essere immediatamente reclutato).

Durante l’esecuzione del brano, con le note lievi del clarinetto, cala il silenzio più assoluto nel piazzale: nessuno muove un muscolo. Sembra, complice la calura, una scena di un film di Sergio Leone. Quando il clarinetto finisce il silenzio si protrae quasi a non voler spezzare l’atmosfera, poi scoppia  l’applauso.

Torniamo alle aiuole:  il work in progress continua. Pianteremo le lavande, perché nell’idea di N (da cui tutto è partito nelle giornate di vento estivo) ai detenuti potrà arrivare  il caratteristico profumo della pianta.  Da  lunedì quindi inizierà, con il consueto brain storming il lavoro per lo spazio orto-sociale, un po’ per auto consumo, un po’ per la gioia di coltivare, di curare, veder crescere una piantina, riconoscerla.

Questa è l’idea dell’orto sociale od orto didattico, così come me ne parlavano i rappresentanti di una associazione di volontariato che ho incontrato giorni addietro a Catania per parlare di lavori socialmente utili. E già , perché nel frattempo, o meglio, mesi addietro mi aveva chiamato Lucia, ex direttrice del carcere modello di Bollate poi assessore nella giunta Pisapia, e che ora si occupa come direttore generale del Ufficio Esecuzione Penale Esterna. “Ciao Antonio, c’è bisogno di un dirigente dell’ufficio distrettuale a Catania, so che sei interessato alle attività di reinserimento, vogliamo dare impulso alla probation, mi daresti una mano ? ”

E così, di li a poco mi trovo a Catania nella grande terrazza dell’ufficio che dà su Villa Bellini, a dare il primo saluto al mio nuovo staff, col quale avrei iniziato il lavoro a scavalco  nei giorni” liberi” dal carcere. Ma questa, come dico in questi casi, è un’altra storia…..

 

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