COVID ESTIVO AL MASSIMO. Un siracusano su quattro infettato

Si capisce come dopo due anni il mondo economico e commerciale abbia sentito il dovere di mettersi alle spalle la pandemia. È umano. Ma la sfiga è sfacciata, non ha confini definiti e certi. Ne stiamo degustando tutte le forme. A forza di ripassare la lezione della guerra, ogni momento da febbraio ad ora, cominciamo a pregustarne le conseguenze economiche, quasi l’avessimo in casa. Siamo pure così indifesi e creduloni da credere in un conflitto breve, da auspicare la mediazione dei nostri politici o quella di un’Europa già tanto zoppicante e fragile. Il conflitto durerà mentre la nostra precarietà economica già severa si prepara alle tragedie autunnali. Indebolita vieppiù da un fenomeno inflattivo sproporzionato rispetto alla realtà internazionale, l’Italia fa i conti con una ripresa paurosa della pandemia.

Alla faccia del fior fiore dei virologi che hanno sempre detto che in estate avremmo avuto una scomparsa dei casi. Eppure ai quattro lettori della Civetta avevamo già ricordato l’ecatombe della Spagnola a Siracusa che a luglio e agosto del 1918 portò al cimitero su un carro senza sponde diverse decine di morti al giorno.

Siracusa ha raggiunto e superato in questi giorni la percentuale di un infetto ogni 4 persone (126.000 su 400.000 abitanti della provincia, mille circa solo oggi nove luglio 2022). Si prevede un ulteriore aumento dei casi entro fine luglio.

Anche le persone più guardinghe e attente hanno casi in famiglia.                                                             (Fonte Coronavirus Sicilia, Siracusa)

Per non spaventare nessuno ci sembra giusto precisare che da noi contare gli ammalati è sempre stato difficile. I responsabili di questo compito sono balzati subito agli onori della cronaca quando potevano contarli con facilità. Con la possibilità ormai consolidata di poter fare i tamponi anche alla fiera del mercoledì, in piena autonomia e segretezza, possiamo garantire che la maggior parte dei malati si guarda bene dal denunciarsi. Dobbiamo ammettere a denti stretti che i malati sono più del doppio degli ufficiali. Circolano, fanno la spesa, vanno al lavoro. In Cina sarebbero giustiziati con proiettile a carico dei familiari, qui no. Si entusiasmano per i vip e le sfilate in una città bloccata come se fosse l’unico motivo di orgoglio ma infettano nonni, bambini e familiari senza rimorsi.

Come al solito ci scappano i morti anche se, per chi si nutre di propaganda politica qualunquista, pare che i morti siano più dovuti alla fragilità dei soggetti che al Covid. Non è vero! L’Italia è piena di soggetti fragili la cui sopravvivenza sarebbe stata lunga se non avessero incontrato il covid delle badanti o dei figli e nipoti!

Deluderemo anche i buontemponi rassegnati al dilagare dell’infezione nella convinzione che gli ospedali non sono intasati e c’è ancora posto in Rianimazione. Sarà così nell’immaginario di molti. Citiamo i polli di Trilussa come esempio statistico ma dobbiamo ricordare che c’è chi non li può mangiare mai e chi ne mangia tre a settimana.

In questa città posti letto liberi in Ospedale sono un antico ricordo degli anni ’80. A meno che non abbiate una polmonite più che doppia e stiate de-saturando pericolosamente per l’ossigeno, rassegnatevi a stare a casa.

Eppure i responsabili pagatissimi della sanità pubblica possono dirsi fortunati. Con l’efficienza che li contraddistingue sono riusciti nello scopo di scoraggiare i ricoveri. Gli ammalati ripetono un mantra che potrebbe sembrare irreale, persino inverosimile: preferisco morire a casa che in questo ospedale sporco e scortese (riferiamo il 100% dei commenti dei malati e familiari, non certo opinioni personali). Basta passare un paio d’ore nell’inferno dantesco del Pronto Soccorso per convincere anche i più riottosi.

Passa quotidianamente il messaggio che Omicron, già mutato decine di volte ma cinque volte in forma pandemica, sia meno pericoloso del primo SARS COV 2.

Chissà, allora, da dove vengono i circa cento morti al giorno in Italia di questi giorni!

L’unica certezza è che i vaccini sono inefficaci nel proteggere dalle infezioni ma riducono di molto il ricorso ai ricoveri, che l’attività dei vaccini cala molto dopo tre mesi, che se non si fa una dose di richiamo (booster per gli anglofili) anche i tre vaccini fatti sono meno sicuri dopo tre mesi.

Di fatto, però, accade che la quarta dose offerta agli ottantenni sia rimasta nei frigoriferi. La campagna di vaccinazione è stata distratta dalla guerra e dall’indolenza dei cittadini ma non solo.

Ora che il fuoco divampa si parla di chiamare al quarto vaccino gli ultrasessantenni.

A Siracusa, dopo aver pagato profumatamente il personale reclutato all’esordio della pandemia, si è deciso di ridurre l’orario del punto di vaccinazione pubblico dell’ex Ospedale psichiatrico al solo giovedì dalle 15,30 alle 18,30, idem il venerdì, “ad abundantiam” il sabato dalle 8,00 alle 12,00. Dieci ore a settimana e devi indovinare il momento per non morire per un colpo di calore.

Eravamo con orgoglio la peggiore provincia per numero di vaccinati, saremo migliorati?.

Non ci piace essere portatori di brutte notizie senza suggerire qualcosa di utile per star meglio. Faccio mie le raccomandazioni di un insigne collega, Lucio Zinni, che ci onora della sua amicizia. Sono sempre le stesse:

  1. Evitare ambienti chiusi affollati. Se proprio è inevitabile: a) Igiene continua delle mani; b) Disinfezione delle superfici c) Mascherine FFP2
  2. Niente altro!

Non è necessario rendere obbligatorio di nuovo l’uso di mascherine al chiuso, ora.

Non è necessario bloccare concerti e altre manifestazioni all’aperto.

Non si può cessare di vivere per la paura di morire.

Possiamo tutti fare attenzione, responsabilmente l’uno per gli altri.

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