Franca Florio con le figlie Giulia e Igiea

I Florio tra Storia e Memoria del XX secolo

Il Giorno della Memoria costituisce una grande occasione per fare il punto degli studi sulla Shoah, oltre che per sensibilizzare le nuove generazioni. Anche in tempo di pandemia, nonostante l’impossibilità di svolgere conferenze o realizzare spettacoli teatrali o musicali sul tema – per non parlare del cinema -, il 27 gennaio resta un appuntamento imprescindibile per leggere nuovi libri sul tema o (ri)scoprire aspetti differenti o poco considerati di fatti o persone.

Ne è un esempio la storia della famiglia Florio, che dalla Calabria giunse in Sicilia e fondò un impero imprenditoriale. Pochi ricollegherebbero i tonni, la mitica corsa automobilistica, il marsala e le eleganze da Belle Époque della famiglia Florio al buco nero della seconda guerra mondiale e allo sterminio degli Ebrei, eppure.

De “I leoni di Sicilia” ha recentemente scritto Stefania Auci nel romanzo eponimo e “L’ultima leonessa”, edito da Sperling & Kupfer, narra la vicenda di Giulia Florio ed è firmato da Costanza Afan de Rivera – anche se è doveroso distinguere sempre lo spirito dello storico da quello del romanziere, che nelle crepe della Storia si insinua e immagina, restituisce, reinventa il passato filtrandolo attraverso le microstorie.

Ne parliamo con la curatrice Elvira Siringo, autrice siracusana.

Come sei venuta in contatto con una delle ultime discendenti di casa Florio?

Il mio incontro con Donna Costanza Florio è avvenuto nel suo ultimo anno di vita, per un insieme di fortuite coincidenze ho avuto il piacere di conoscerla. Ho potuto ascoltare il racconto straordinario delle vicende dell’ultima generazione della famiglia Florio dalla sua viva voce che, per miracolo tecnologico, conservo gelosamente registrata in file, ho ricevuto l’incarico di trasformarle in un romanzo, il suo romanzo: “L’ultima leonessa”, edito da Sperling & Kupfer. Non è stato difficile, in quanto è uno di quei casi in cui la realtà supera ogni fantasia. È stata un’esperienza molto intensa, posso testimoniare quanto la sua tempra non volesse arrendersi alla malattia che infine purtroppo l’ha divorata. Fino agli ultimi giorni ha combattuto per non darla vinta al dolore, abbiamo scherzato, progettato e sognato un futuro possibile. Con la morte di Donna Costanza Florio si è esaurita definitivamente la linea di discendenza del cognome in quanto, per espresso desiderio di sua mamma Giulia (la leonessa), il cognome non è stato mai aggiunto all’anagrafe. Donna Costanza ha avuto modo di utilizzarlo in vita in quanto cognome materno, ma non potrà trasmetterlo né al figlio Cesare, né al nipotino cui era molto affezionata. La discendenza che oggi perdura è quella del lato paterno, della famiglia romana di Achille Afan De Rivera Costaguti, marchese del baldacchino.

La storia della famiglia Florio sembra quasi indissolubile dalle vicende italiane ed internazionali del secolo scorso, tra politica, finanza, glamour e impresa.

Infatti, c’è una storia che si innesta nella storia dei Florio, che pochi conoscono e si snoda fra i palazzi della nobiltà romana e la tesoreria vaticana. I Florio dell’ultima generazione si allontanano dalla Sicilia e si radicano a Roma. Al principio del Novecento la politica italiana predilige le imprese del Nord a discapito del Sud. La compagnia di navigazione dei Florio va in fallimento, le banche fanno il resto. Dopo il tracollo finanziario Ignazio Florio tenta di rilanciare ciò che gli resta e investe aprendo una tonnara alle Canarie. Il fratello Vincenzo continua, malgrado tutto, ad animare la Targa anche con il notevole aiuto economico ricevuto dalla seconda moglie francese. Franca Florio gira per l’Italia e per l’Europa, non più giovane, si mantiene con le vincite ai tavoli da gioco e con l’affetto delle amiche che spesso la ospitano, in riconoscente memoria dei bei tempi in cui i palazzi Florio di Palermo erano aperti ad accogliere la migliore società. Caduta la monarchia borbonica, per decenni fu la Palermo dei Florio il nuovo centro gravitazionale. Dopo la decadenza la figlia minore, Giulia, è detta “l’ultima leonessa” perché non si lasciò abbattere dalle avversità, raccolse i cocci e ne fece risorsa. Si trasferì a Roma, studiò, lavorò tenacemente, rinacque e costruì da zero la propria autonomia trasformando la sua vita in un capolavoro. Sposò il Marchese Achille Afan de Rivera Costaguti, fu madre di cinque figli, curò con immenso amore la sua famiglia e partecipò attivamente agli eventi cruciali del suo tempo. Con la sorella Igiea e con le amiche Carlotta Orlando, Renée Paladino, le sorelle Whitaker, Sofia Borghese, perfino Jolanda di Savoia, animò gruppi che si occupavano di iniziative solidali, di istruzione e di partecipazione consapevole delle donne alla vita politica nazionale.

Come si legano le vicende dei Florio a quelle degli ebrei perseguitati dai nazifascisti?

Le azioni davvero eroiche di Giulia Florio riguardano particolarmente gli anni della seconda guerra mondiale. Nel 1943, incinta del quarto figlio, non esitò ad affrontare da sola il criminale nazista Herbert Kappler che aveva imprigionato lo zio Vincenzo nel famigerato carcere di via Tasso. Riuscì a muovere i canali giusti per ottenerne la liberazione, appena in tempo, il giorno dopo infatti si sarebbe consumata la strage di via Rasella. Il capolavoro della vita di Giulia però fu senz’altro l’avere ospitato e nascosto nel suo palazzo ben sedici famiglie ebree che si salvarono così dalla deportazione. Il palazzo Costaguti sorge ancora oggi al confine tra il​ ghetto ebraico e la città. Moltissime famiglie ebree lo usarono come passerella: entrarono nel loro palazzo dall’ingresso sul portico di Ottavia per uscirne dal lato opposto, in cerca di salvezza presso altri parenti o amici. Coloro che non sapevano dove andare furono ospitati da Giulia nei vani delle intercapedini fra un piano e l’altro, lì furono sfamati e accuditi, vissero al sicuro fino al termine della guerra. Ho avuto il raro privilegio di ricostruire con Donna Costanza l’intera vita di sua madre Giulia per fissare e trasmetterne la memoria straordinaria che oggi ha il sapore di una favola moderna.

I nomi di Giulia Florio e del marito oggi sono ricordati nel Giardino dei Giusti a Gerusalemme, che onora la memoria di tutti coloro che disinteressatamente aiutarono gli Ebrei nelle convulse e drammatiche vicende della seconda guerra mondiale.

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