Siracusa “come un incanto” in poeti e artisti d’ogni tempo

In un libretto di Vincenzo Consolo, edito per iniziativa di Enzo Papa, ciò che ne hanno scritto letterati dall’antica Grecia ai nostri giorni

 

La Civetta di Minerva, 22 settembre 2017

Nella sua ponderosa produzione libraria, Vincenzo Consolo ha lasciato anche una “eredità di affetti” nei confronti della nostra città. Ne fa fede un aureo libretto edito per la meritoria iniziativa di Enzo Papa, uomo di cultura, educatore, sensibile saggista e critico letterario.

Il libretto intitolato “Siracusa come un incanto” non è in commercio. È pertanto doveroso additare comunque “al colto e all’inclita” l’attenzione che merita questa testimonianza. Non solo: ma che dovrebbe anche interessare i docenti di materie letterarie come argomento scolastico per i giovani siracusani che poco sanno della propria città.

Consolo, raccontando delle impressioni durante le sue visite a Siracusa, manifesta appassionatamente un profondo innamoramento per la città, e trascrive, con la dottrina dell’uomo di lettere, le testimonianze di altri poeti e scrittori di ogni epoca. Ungaretti: “Calava a Siracusa senza luna la notte e l’acqua plumbea e ferma nel suo fosso appariva. Soli andavamo dentro le rovine. Un cordaro si mosse nel remoto”; Murilo Mendes: “Giardini che esplodono, le Latomie conservano il soffio fisico del passaggio di antica morte a Siracusa: violenta marcia la storia sul suo selciato, d’improvviso ristagna…”; Consolo accenna anche al “Vittorini della Mastrarua, la più luminosa, la più barocca, la più favolosa delle vie di Siracusa”; Pindaro: “O bella figlia di cittadi altere, possente Siracusa, o divina nutrice di generose menti…”.

E poi Bacchilide, Simonide, Ibn Hamdis, Platone, Erodoto, Tucidide, Plutarco, Livio, Cicerone, Polibio, Diodoro, Vico, Piovene, Privitera, Alinari, Bonaviri… Ancora Trombadori (Franz di Ortigia), e quindi Sciascia, Guttuso, Rosi, davanti alla Venere Anadiomene, ineguagliabile donna, come la Zobeide del “Garofano rosso” di Vittorini. Quella Venere davanti alla quale, estasiata da tanta bellezza, sostò ammirata a guardare tanta venustà quell’altra Venere, la bellissima Josephine Backer. Consolo conclude ammaliato: “Era questa stupenda bianca dea, Siracusa, bellissima e sapiente, antica e sempre giovane. Ma era anche la vergine Lucia”.

La “nostra” Siracusa, dunque. Così dozzinale nell’esercizio del vivere, indolente e fatalista, miope nelle prospettive, autolesionista quanto basta per lasciarsi violentare nelle proprie bellezze ambientali. Che tuttavia, baciata dalla Natura, germina individualità per partenogenesi che squarciano avventurosamente le ragnatele del grigiore. La “nostra” Siracusa, dunque. Che aspetta ancora da noi un soprassalto di orgoglio per sentirci finalmente figli di una antica dignità.

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