Isab. Una strategia per il futuro

Questo 5 Marzo il Sole 24 Ore ha anticipato i contenuti del piano che GOI Energy avrebbe sviluppato per il rilancio degli impianti Isab siti nel siracusano. Una lettura attenta del pezzo ci spinge a voler esprimere alcune valutazioni sui contenuti del piano stesso, per quanto sia possibile dalla lettura di un breve articolo.

Quando si annunciano 350 milioni di spese per efficientamento e riqualificazione e 400 milioni di nuovi impianti, a cui si sommano un centinaio di milioni per la manutenzione generale della raffineria, non si può che essere felici per quello che sembra essere un atto di fiducia nel futuro, con tutto ciò che questo vuol dire per il territorio a livello occupazionale e quindi di sicurezza sociale; un impianto su cui si vuole investire in maniera massiccia è un impianto che si vuole mantenere in produzione. Ma questi aspetti, peraltro fondamentali, diventeranno certamente oggetto di discussioni a livello sindacale e politico da parte di tutte quelle organizzazioni che operano all’interno del tessuto sociale Siracusano nell’auspicio che dal piano si passi alle prime azioni concrete sul campo.

In questa sede vorremo invece limitarci ad esaminare in dettaglio la congruenza della strategia di investimento con quanto previsto dalle linee di sviluppo della transizione energetica europea perché è solo se giocata su questa base che la partita potrà rivelarsi vincente. I termini chiave riportati nell’ articolo del Sole 24 Ore sono “efficientamento”, “abbattimento delle emissioni di CO2 (anidride carbonica, gas a effetto serra), “produzione di idrogeno e carburanti sostenibili”.

La strategia europea per il contrasto al riscaldamento del pianeta ed ai cambiamenti climatici si basa sull’unica strada possibile per evitare i fenomeni citati: rimuoverne la causa eliminando la generazione continua di “nuova CO2” che porta al riscaldamento indesiderato della Terra! Con maggiore precisione è meglio che si parli di ottenimento della “neutralità carbonica”, che è il raggiungimento del punto di equilibrio tra le emissioni di gas serra immesse in atmosfera e la capacità della Terra di assorbirle senza subire incrementi di temperatura significativi.

Il virgolettato “nuova CO2” è fondamentale perché su questo principio si basano i combustibili rinnovabili.

È per tutti ovvio che se si sfrutta l’elettricità proveniente dall’ energia solare o eolica, non si produce anidride carbonica perché non c’è combustione. Se invece si bruciano combustibili di provenienza fossile quali il gas naturale o la benzina, si produce CO2 dal carbonio che è stato intrappolato nel greggio nel corso di milioni di anni; si immette quindi in aria “nuova CO2” che fa aumentare dannosamente la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera.

Se invece si bruciano combustibili provenienti da fonti il cui carbonio si è generato nel periodo di un anno o un decennio, quali i vegetali (che tramite la fotosintesi catturano la CO2 dall’ aria trasformandola in legno) e derivati, o il cui carbonio deriva dalla cattura industriale della anidride carbonica presente nell’atmosfera, col processo di combustione non fai altro che reimmettere in atmosfera il carbonio che avevi poco prima assorbito dall’aria in un bilancio che risulta pari a “zero”; non si aumenta la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. Questi combustibili sono detti rinnovabili e sono considerati ecocompatibili come ecocompatibile è l’energia elettrica che proviene da solare ed eolico.

Sono quindi rinnovabili i combustibili liquidi e gassosi derivati da prodotti e rifiuti di origine esclusivamente biologica provenienti dall’agricoltura, sia vegetali che animali, dalla silvicoltura, dalla pesca, nonché dalla parte biodegradabile di rifiuti industriali e urbani; questi sono chiamati biocombustibili. Sono altresì rinnovabili i combustibili provenienti dalla sintesi dell’idrogeno verde rinnovabile (prodotto senza generare emissioni di CO2) con la CO2 catturata industrialmente dall’atmosfera; questi sono chiamati RNFBO o e-fuel. È sulla produzione di tali prodotti che sembra si voglia basare il rilancio dell’Isab, in particolare HVO (succedaneo del gasolio fossile) e combustibili sostenibili per aviazione (SAF Sustainable Aviation Fuel).

Va precisato, per l’esattezza, che questi combustibili sono considerati solo a bassa emissione di carbonio perché spesso si sfruttano nel loro ciclo di produzione energie motrici come l’elettricità, che ancora totalmente rinnovabili non sono (ie. ad esempio in Italia circa il 40% dell’energia elettrica è prodotta da fonti rinnovabili, il resto da fossile). In funzione della materia prima e della energia utilizzata nella loro produzione il taglio effettivo di anidride carbonica va da un minimo del 40% ad oltre l’80% per i biocarburanti avanzati e oltre il 90% per gli e-fuels. Quando, nella più ottimistica delle ipotesi, a metà secolo l’intera filiera sarà alimentata solo da fonti rinnovabili, tutti questi carburanti potranno portare il 100 % di taglio sulle emissioni.

Oltre all’uso di energia e carburanti rinnovabili l’Unione Europea chiede di migliorare l’efficientamento dei processi industriali e civili. Significa, utilizzando le migliori tecnologie disponibili, fare in modo che per ottenere un determinato lavoro utile si spenda meno energia primaria possibile. Questo porterà come conseguenza, in un primo momento l‘utilizzo di meno combustibile fossile e quindi una riduzione delle emissioni di CO2 e, in un secondo momento, quando si utilizzeranno solo fonti rinnovabili, meno impianti di produzione di energia e quindi meno suolo occupato e meno investimenti (congruentemente con una minore richiesta di energia). Il piano Isab riportato su Sole 24 Ore sembra proporsi di seguire anche questa strada. Si cita anche la realizzazione di un impianto di produzione di idrogeno verde rinnovabile, costruito da terzi, da utilizzare nel ciclo di produzione di questi nuovi carburanti.

In un quadro legislativo in cui lo Stato, appoggiandosi alle direttive europee rilascia finanziamenti in assenza di una vera strategia nazionale, è critico per una azienda individuare quegli ambiti sui quali vale la pena investire. Infatti gli investimenti lanciati col Next Generation EU e in Italia col PNRR soffrono del fatto che non sono frutto di un piano strategico nazionale che abbia guardato le criticità regione per regione, sia quelle industriali e sociali che quelle occupazionali, e quelle legate alle potenzialità dei territori, ma sono solo una raccolta poco ordinata dei progetti che erano già sul campo o che stavano per nascere. In assenza di “studiate” direttive strategiche anche stringenti su dove, cosa, e come investire sul territorio nazionale l’imprenditore deve scegliere da solo cosa è meglio fare, senza vere garanzie sugli sviluppi futuri. Da questo punto di vista il piano Isab, così per come riportato nell’articolo, sembrerebbe ben strutturato almeno dal punto di vista strategico aziendale per le ragioni nel seguito esposte.

Una raffineria è un insieme omogeneo e integrato di unità simili tenute in vita da servizi comuni quali acqua, aria, azoto, idrogeno, elettricità; tutti questi servizi utilizzano energia ad oggi proveniente da combustibili fossili. Rimpiazzare l’attuale idrogeno grigio di provenienza fossile con idrogeno verde è una operazione che coinvolge l’impianto nella sua interezza e che diverse imprese stanno provando a sperimentare; dedicare una quota di idrogeno verde alla produzione di un nuovo ventaglio di combustibili destinati alla vendita è un ulteriore passo avanti.

Ma ciò che rende veramente interessante la proposta è la scelta dei prodotti che, oltre all’HVO presumibilmente per autotrazione, lancia i combustibili sostenibili per aviazione. Non è dato sapere se si tratta di biocombustibili o e-fuel ma è importante la scelta del mercato “aviazione”. Infatti se per i veicoli leggeri oltre il 2035 si potranno immatricolare solo veicoli elettrici (e una quota alimentati a e-fuel), per l’aviazione l’unico futuro certo e obbligato è l’utilizzo di carburanti SAF quali benzina avio sostenibile e kerosene per jet sostenibile; questo perché parliamo di combustibili che con poco volume forniscono molta energia, e sono utilizzabili negli attuali motori d’aereo. L’utilizzo dell’aereo ad idrogeno o peggio dell’aereo a batteria per tratte oceaniche è qualcosa di non realizzabile o molto in là da venire, a causa dell’eccesivo peso e del poco spazio che avrebbero i velivoli.

L’Isab quindi vedrebbe un futuro di impianto integrato che prenderà in carica sia greggio che carica biologica e utilizzerà idrogeno verde nei suoi processi, per produrre combustibili fossili tradizionali e combustibili sostenibili destinati in parte probabilmente ad autotrazione (HVO) ed in parte all’aviazione. Per l’HVO si deve pensare che comunque oltre il 2035 esiterà un mercato certo ma ridotto verso l’industria e, con qualche dubbio, un mercato verso gli automezzi pesanti; per i SAF il mercato è sicuro e in crescita e non a caso si cita il fatto che già siano stati presi contatti con compagnie aere per una eventuale fornitura. Non sappiamo se per i combustibili per aviazione si stia pensando in alternativa ad un e-fuel, quindi ad un processo di sintesi tra CO2 catturata ai camini e idrogeno verde, piuttosto che a uso di carica biologica, ma in fondo questo non è fondamentale per la nostra analisi.

Se questa è la strada che verrà imboccata, sembra almeno la giusta direzione perché: 1. L’impianto comincia a convertirsi anche se per quantità probabilmente piccole (nell’articolo non è specificata la produzione oraria); 2. con i Saf ci si rivolge a mercati certi ed in via di crescita; 3. Si comincia a fornire un contributo al miglioramento del clima che non è solo legato alle minori emissioni di raffineria (efficientamento) ma anche alla erogazione di prodotti ecocompatibili; 4. Si cominciano a gettare le basi di sopravvivenza in un ambito industriale che vedrà la chiusura progressiva degli impianti che non si saranno saputi adeguare.

Certo il futuro resta incerto, quale che sia l’imprevedibile sviluppo futuro da qui a 10 – 12 anni, e di fronte all’avanzare della mobilità elettrica leggera (automobili) si dovrà comunque pensare ad un ridimensionamento complessivo degli impianti ed a una ulteriore massiccia diversificazione, ma la sfida sembrerebbe lanciata. Almeno così ci auguriamo!

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