A PACHINO PUR DI SALVARE L’ALLEANZA CON LA DC DI CUFFARO, IL PD CORRE  ALLE AMMINISTRATIVE SENZA IL PROPRIO SIMBOLO.  AVANZA UN NUOVO TRASFORMISMO.

Altro che campo largo di forze alternative al centrodestra: quello che si profila alle Amministrative di Pachino è un campo di Agramante, cioè un campo della discordia dove tutti sono contro tutti. E dove il Partito democratico, ancora una volta, partecipa alle elezioni senza il proprio simbolo.

 Il “caso Pachino” è difficile da spiegare e più difficile da comprendere, se non come un caso di politica senza princìpi e senza identità.  Provo a spiegarlo, partendo dalle liti interne al Pd pachinese nel quale si contrappongono due schieramenti, uno favorevole a candidare a sindaco Emiliano Ricupero e l’altro favorevole a candidare Barbara Fronterrè, che del Pd è la personalità più forte e combattiva.
Anzi, lo era, perché, di fronte all’esistenza di un Pd diviso in due parti più o meno uguali, opta inopinatamente per una terza via: scende dal pullman del Pd e sale su quello di Azione, che la candida a sindaca.
 Il suo rivale interno si candida pure, ma con una lista civica: Pd contro Pd, ma né l’uno (Ricupero) né l’altra (Fronterrè) avranno il simbolo del Pd. Non l’avranno, ed è la cosa che più conta, nemmeno gli elettori.
La Fronterrè mette in piedi una coalizione  molto variegata, che comprende una parte dei Dem, liste civiche rispettabili, la Dc di Cuffaro e l’Mpa. Il segretario regionale del Pd, Barbagallo, mette pubblicamente il veto ad alleanze del Pd con la Dc di Cuffaro.  Ben presto però si capirà che si tratta di un veto negoziabile, aggirabile:  basta che i “cuffariani” di Pachino si presentino senza il proprio simbolo di partito e  l’alleanza è salva.  Al che i “cuffariani” replicano in maniera ultimativa: o col  nostro simbolo o salta l’alleanza.
Stessa posizione dell’Mpa.  A questo punto il segretario regionale del Pd, ritenuto uno dei maggiori esponenti della corrente di pensiero secondo cui la politica è l’arte del possibile,  suggerisce una soluzione “geniale”: rinunciamo noi al nostro simbolo e così nessuno potrà dire che il Pd è alleato dei “cuffariani”.
 Del resto, per il Pd di Pachino rinunciare al simbolo non deve essere un’atroce sofferenza, visto che sono 13 anni che vi rinuncia.
Non  provo alcun sollievo nell’esprimere queste mie opinioni critiche, certamente non gradite da quelli che decidono nel partito al quale sono iscritto, ma dopo Bari e Torino si fa sempre più urgente l’esigenza di tornare alla politica buona che scaccia quella cattiva e in cui la sinistra sta con la sinistra e la destra con la destra.

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