Nuove interazioni giovanili o solite vecchie intenzioni per le nuove generazioni?

Al convegno sulle trasversalità (le possibili interazioni o sinergie fra esigenze, valori, linguaggi, prospettive che si affermano in ambiti socioculturali diversi quali famiglia, scuola, associazioni, chiese, mass media, ponendo problemi di rigenerazione o riconsiderazione unificante) delle politiche giovanili e servizio civile di sabato 16 si è presentato una situazione contraddistinta, ancora una volta, dall’inadeguatezza del presente.

Un tentativo non ben riuscito della politica di porsi in maniera differente rispetto al passato nei confronti dei giovani, politica che dovrebbe fare ammenda per la decennale ottusità verso le loro esigenze e richieste avendo offerto invece uno spettacolo indecoroso della propria autoreferenzialità e netto distacco dalla realtà. Ma bisogna denunciare anche l’esistente, incapacità del mondo adulto che non capisce i segni dei tempi.

L’assessore Giancarlo Pavano ha parlato del suo impegno con i risultati raggiunti e i propositi, e così i giovani assessori alle politiche giovanili di Ragusa e Messina, ma oltre al riconoscere che occorre cambiare logiche che hanno fatto il loro tempo poco di concreto si è detto.

Al di là delle vecchie voci politiche, mancavano i giovani, in quella sala come in quei discorsi. L’obiettivo della creazione di una commissione di consulta giovanile regionale che dovrebbe poco alla volta coinvolgere tutti i 391 comuni siciliani è un’utopia se si fonda su queste basi.

Se il mondo dei giovani è oggi lontano dalla politica, dai problemi sociali e anche, i più, dal piacere di impegnarsi nel volontariato, è per l’assenza di una vera carica ideale, non ideologica, per un nuovo concetto di società, di sistema. C’è un estremo bisogno che spuntino fra i giovani veri leader. In questo caso sì che sarebbe utile l’aiuto degli adulti, di quelli più consapevoli, nell’apportare il sapere e la voglia di stili del vivere differenti.

In quella sala traspariva poco di entusiasmo mentre si sarebbe dovuto alzare la voce per denunciare fenomeni come l’abbandono scolastico, il massiccio aumento dell’uso di droghe fra gli stessi giovani nella realtà siracusana influenzata dalla presenza mafiosa e dalla microcriminalità, gli istituti scolastici che cadono a pezzi e i tagli su questo fronte del ministero dell’istruzione e del merito che guarda alle scuole solo come ad entità economiche che peggiorano il debito pubblico.

Questioni che purtroppo sono rimaste fuori dalle relazioni, nessun desiderio di denunciarle.

Il rappresentante di Confindustria, l’ingegnere Giancarlo Bellina, nella presentazione delle sue slide, ha mostrato preoccupazione soprattutto per la mancanza sempre più esponenziale di natalità che porterà nel giro di qualche centinaio di anni, come rilevato da uno studio Ambrosetti, alla cessazione dell’esistenza degli italiani nel 2370. Ma quali italiani?

Ha affermato Bellina: accadrebbe che una Siracusa, Sicilia e Italia scomparendone la maggioranza degli abitanti con un conseguente calo del Pil chi pagherebbe le pensioni, la sanità?

Un’impostazione che a mio avviso evidenzia una logica ormai superata dalla storia stessa (e nessuno ne ha preso le distanze).

Già oggi il territorio che si svuota per vari motivi viene riempito da altri individui, da una popolazione proveniente da fuori che si sente pienamente italiana, siracusana.

Ancora non si comprende appieno il fenomeno epocale dell’immigrazione che coinvolge soprattutto l’Italia? Nessuno sa che già una parte delle pensioni e delle spese sanitarie viene pagata da questi immigrati?

Forse sarà la nascita sempre più in crescita di una nuova classe politica proveniente dagli immigrati che cambierà la realtà? La sua composizione di giovani uomini e donne formerà una società meno provinciale con la voglia di riscatto portata da dove sono venuti. Forse sarà solo allora che muterà radicalmente la politica, la partecipazione al mondo sociale e la voglia di vivere senza diseguaglianze come quelle che attualmente viviamo fra nord e sud.

Fra qualche decennio potrebbe sorgere una Siracusa differente con suoi abitanti d’età media più giovane, orgogliosi d’essere cittadini di questa mitica città.

Alla fine non c’è nulla di spaventoso nel presagire questo dato di fatto. Sono normali processi storico-sociali vissuti innumerevoli volte qui. Siracusa ha vissuto quest’esperienza fin dalla sua fondazione quando all’approdo i Corinti trovarono l’esistenza di un’altra civiltà.

La storia siracusana ci racconta dell’amore espresso dal grande poeta arabo Ibn Hamdis nato a Noto nelle cui poesie d’accorato rimpianto è rimasto vivo il ricordo della patria d’origine da lui abbandonata dopo l’avanzata normanna di Siracusa e dell’intera Sicilia nel 1091. Ibn Hamdis è stato citato anche da Sciascia per la sua sicilianità.

Adesso la storia si ripete, ma in maniera differente con un insieme di popolazione proveniente da tante terre vicine e lontane (paesi africani, asiatici e dell’Europa dell’est). Eppure, questo fenomeno viene disconosciuto da questi programmi poggiati su vecchie idee che ancora si sentono fari di una civiltà che sta scomparendo.

Ebbene, questi argomenti per una visione di prospettiva non si sono sentiti nella giornata di “incontro formativo” i cui propositi appaiono fragili perché semi che, cadendo su terreni secchi e sabbiosi, non daranno frutti.

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