Paura e delirio a Siracusa 2 – Runner games – I Diari della Fase 2

“Nonno, mi racconti una storia?”

“Sì, ma tu finisci la cena… Per favore se no poi chi la sente mamma”.

“Va bene…”

“Promesso?”

“Promesso”.

“Bravo bambino, mangia, mangia… allora, quando l’epidemia finì, cominciarono infinite discussioni su quando si sarebbe dovuto dichiarare ufficialmente che fosse finita. Alla fine la spuntò lo schieramento “realpessimista”, che godeva dei favori del pubblico da casa, e fu deciso che si sarebbe dichiarata la fine dell’emergenza quando in tutti i Paesi del mondo, non uno escluso, non ci sarebbe più stato nessun caso di coronavirus. ʽSì, ma gli asintomatici? ʼ, domandò un politico insoddisfatto, già fautore dell’obbligo di mascherina per i neonati in sala parto e del salto del cerchio di fuoco per disinfettare le vie respiratorie prima di entrare nei luoghi pubblici”.

“Cos’è un politico, nonno, è buono?”

“Sì, per fare il brodo… Comunque sia, dicevo, fu infine deciso che si sarebbe dichiarata la fine dell’epidemia solo dopo che tutti gli asintomatici fossero stati rinchiusi in quarantena per sessanta mesi e testati sessanta volte. Sessanta mesi dopo, tutto il mondo viveva in eterna quarantena, i tamponi erano finiti subito e i runner e i movidari persero i diritti civili. Le città si divisero in condomìni indipendenti dediti alle battute di caccia al bevitore”.

“Le città?”

“Lascia perdere, non mi fare confondere, erano una cosa di quando ero giovane… allora… a Siracusa, dopo un raid in una birreria artigianale, i superstiti del condominio “La pineta bianca” si erano barricati all’interno del Palazzetto dello sport e vi avevano instaurato una comune rivoluzionaria cibandosi di carne essiccata di ubriacone e aghi di pino bolliti. Ma i viveri presto scarseggiarono. I condòmini erano esausti, gli ultimi bevitori di cui cibarsi erano finiti da un pezzo e nessuno aveva visto un runner da tempi immemorabili. Erano diventati creature mitiche, mezzo atleti, mezzo catanesi”.

“Catanesi, nonno?”

“T’ho detto lascia perdere, era una cosa come l’uccello Dodo… allora, dov’ero arrivato? Ah, sì…

“Ma che belle scarpe, che ha, avvocato”, disse il ragionier Spinoccia.

“Sì, davvero bellissime”, aggiunse mellifluo il geometra Forzisi.

L’avvocato Burgaretta si passò un dito sul colletto.

“Sì… grazie, in effetti sono mocassini molto como…”

“E hanno le suole di gomma”, continuò Spinoccia.

“Come le scarpe dei… dei runner”, disse Forzisi.

L’avvocato Burgaretta, vistosi perduto, se la diede a gambe.

“Ecco, lo sapevo, sta correndo”, fece il professor De Caro.

“Ha anche una gran bella falcata”, disse la dottoressa Farruggia, “ottima per la matalotta”.

“Ieri l’ho visto che guardava il tramonto, come… come se stesse bevendo uno spritz”, disse infine la vedova Falsaperla facendosi il segno della croce.

E a quelle parole tutto il condominio “La pineta bianca” si mise sulle tracce dell’avvocato Burgaretta, che però, dopo esser scampato alle frecce e alle bolas scagliate dai suoi vecchi sodali, andò a finire in una trappola minetizzata tra le frasche dei giardinetti di piazza Aldo Moro e fu oggetto di contesa tra i sopravvissuti di quattro diversi complessi abitativi che si affacciavano sulla piazza. Per decidere chi avesse diritto alla preda, furono così istituiti i primi runner games e da allora così sempre è stato e sempre sarà”.

“Che bella storia, nonno”.

“Sì, bella, bella… Ora però allestiti a finire la fettina ca mancu mi pare giusto. Lo sai che ci sono bambini che non hanno più nemmeno un untore da mangiare?”

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