Per una Democrazia di tutti, per tutti, da tutti!

Venerdì 9 ottobre 2020, su questo giornale è uscito un articolo di Antonio Andolfi che ha spiegato come la nostra organizzazione ODERAL – Organizzazione per la Democrazia Rappresentativa Aleatoria creda che per rinnovare i nostri sistemi democratici serva maggior partecipazione dei cittadini alla vita politica, maggior consapevolezza di questi ultimi, più informazione, una accresciuta capacità di incidere sulle scelte per la comunità e, quindi, una maggior responsabilizzazione.

Lo strumento che a nostro avviso meglio consente di raggiungere questi obiettivi è il sorteggio, o meglio la selezione casuale dei cittadini su base campionaria e rappresentativa della società.

Questi cittadini, come riportato da Andolfi nel suo articolo, nelle nostre proposte sono chiamati a comporre organi deliberativi a natura tematica e temporanea, che affiancherebbero le istituzioni già vigenti. Niente di nuovo! Nel mondo, da oltre vent’anni, sono numerose le esperienze, realizzate a tutti i livelli istituzionali ed amministrativi, di organi composti da comuni cittadini sorteggiati e chiamati ad affrontare, per un periodo limitato nel tempo, una specifica questione di interesse pubblico e generale. La fase finale di deliberazione ed elaborazione di proposte da presentare alle istituzioni e alla cittadinanza è preceduta da una fase cosiddetta “formativa” di confronto e interazione con esperti della tematica oggetto dei lavori e da una fase di ascolto e interazione con la società civile e quindi associazioni, comitati, parti sociali ecc.

Un simile organo, che viene riconosciuto internazionalmente col nome di “Citizens’ Assembly” e che noi traduciamo come “Assemblea dei Cittadini”, come spieghiamo sul nostro sito www.oderal.org è già stato sperimentato in vari Paesi in numerose forme e con obiettivi diversi. Con esperienze ora promosse dalla società civile, ora dalle stesse istituzioni e addirittura con esempi di organi creati con una natura permanente e non temporanea.

Con questo articolo vogliamo tuttavia anche rispondere ad alcune osservazioni che Antonio Andolfi sollevava nel suo articolo.

Modelli scientifici per la democrazia del domani

Innanzitutto, le proposte di utilizzo del sorteggio come strumento democratico di selezione politica non si esauriscono soltanto alle proposte di Assemblee dei Cittadini. Vi sono studi ed esperienze che hanno ipotizzato e proceduto ad una diversa applicazione del sorteggio. Ad esempio, proponendolo come strumento di selezione di cittadini comuni che vadano non a comporre nuovi organi, ma ad integrare organi già esistenti, affiancando gli eletti.

È accaduto nel 2012 in Irlanda con la “Convenzione sulla Costituzione”; un organo chiamato a riformare la Carta fondamentale, composto da 66 cittadini sorteggiati e 33 parlamentari eletti. Ed accade tutt’oggi nella Regione di Bruxelles Capitale, in Belgio, dove sono state istituite nel Parlamento regionale delle “commissioni deliberative” ciascuna composta da 15 parlamentari e 45 cittadini estratti a sorte.

Quanto alle perplessità di Antonio Andolfi circa l’applicazione della matematica alle scienze sociali o economiche, ci limitiamo a ricordare che, ormai da diversi anni, nell’ambito della scienza della complessità, si sono affermate nuove discipline ibride, quali ad esempio la  “Sociofisica” e “l’Econofisica”, che hanno dimostrato, attraverso un fruttuoso confronto con dati e situazioni reali, di saper efficacemente applicare metodologie di tipo statistico e avanzate tecniche matematico-computazionali, sviluppate nell’ambito della fisica, all’ambito delle scienze sociali.

Ciò è possibile in quanto, se da un lato è ovvio che un singolo essere umano sia enormemente più complesso di una particella o di una cellula, dall’altro è anche vero che, quando numerosi esseri umani si trovano vincolati all’interno di un sistema socio-economico complesso, i loro “gradi di libertà” diminuiscono notevolmente e diventa possibile considerarli alla stregua di “atomi sociali”, che interagiscono tra loro in maniera non lineare, entrando in competizione o cooperando in condizioni di incertezza o in presenza di risorse limitate. In queste condizioni, sebbene il comportamento di ciascun individuo rimanga sostanzialmente imprevedibile, di converso dalla interazione di migliaia di individui emergono continuamente strutture e schemi di comportamento collettivi che obbediscono a precise regole e le cui dinamiche, in certe condizioni, possono essere previste. E questi schemi possono essere studiati per mezzo di rigorosi modelli matematici e tecniche statistiche.

Giusto per fare qualche esempio, si è riusciti a studiare e prevedere il movimento spontaneo della cosiddetta “Ola messicana” negli stadi: un movimento collettivo che non ha alcun leader, ma che nasce ed emerge spontaneamente con le stesse dinamiche in tutto il mondo, dal comportamento e dall’interazione dei singoli individui (siano essi uomini, donne, adulti, anziani di ogni estrazione sociale) sotto opportune condizioni. Si veda lo studio pubblicato su Nature qualche anno fa https://www.nature.com/articles/419131a

In questo contesto, ormai da diversi anni ci occupiamo – dal punto di vista accademico-scientifico e non solo – del ruolo benefico del caso e delle strategie casuali nei sistemi sociali ed economici (si vedano i nostri siti web www.pluchino.it e www.andrea-rapisarda.it per maggiori infomazioni). Così come avviene in numerosi sistemi fisici e biologici, dove da tempo si conoscono i benefici del “rumore” e delle mutazioni casuali, anche nell’ambito dei sistemi socio-economici complessi, se usato con moderazione e nelle dosi opportune, il caso può giocare un ruolo determinante nel rendere questi sistemi più flessibili ed efficienti.

In particolare, l’applicazione all’ambito politico ci ha permesso di formulare alcune ipotesi concrete – tra cui quella citata da Antonio Andolfi – che prevedono un Parlamento semplificato con due coalizioni contrapposte e l’introduzione di una componente di cittadini sorteggiati e indipendenti dalle coalizioni allo scopo di fare da ago della bilancia e incrementare l’efficienza del sistema complessivo. Dunque il successo ventennale delle numerose, già citate, esperienze di Assemblee dei Cittadini in giro per il mondo non sono che una conferma reale di questi studi teorici. In tal senso, la nostra proposta per la città di Siracusa costituirebbe un ulteriore laboratorio per mettere alla prova la bontà delle nostre previsioni.

Perché l’innovazione democratica è possibile anche al Sud

In risposta alla seconda osservazione di Andolfi sul suo timore di una scarsa “presa” sulle coscienze al Sud di simili pratiche democratiche innovative, ci sentiamo di rispondere innanzitutto che l’inerzia è la madre di tutte le sconfitte. Banalmente, niente cambierà fintanto che non cambieremo qualcosa noi per primi!

Queste proposte rappresentano la panacea a tutti i problemi? Certo che no. Come nessuna proposta potrà mai fare.

Al Sud Italia potranno esserci più difficoltà nell’applicazione e nel successo di simili esperienze? Forse. Ma la domanda che dobbiamo porci è: se va davvero tutto così male, allora perché non provarci?

Guardiamo alle problematiche che Andolfi ha messo in luce nel suo articolo: povertà e disoccupazione sono il prodotto di scelte economiche e ancor prima politiche. E la delinquenza e la malvivenza non sono altro che la più terribile conseguenza di tali scelte, compiute evidentemente nello svantaggio della maggioranza.

Come possiamo superare tutto questo?

Un primo aspetto interessante è che queste pratiche, come le Assemblee dei Cittadini, possano andare a rompere quei meccanismi di clientela, di malaffare, che spesso inquinano i processi decisionali e corrompono i decisori finali.

In questo senso gioca a favore il fatto che i mandati dei cittadini sorteggiati siano brevi (dai 3 mesi ai 2 anni massimo, secondo le esperienze internazionali vigenti), circoscritti ad una specifica questione e non rinnovabili. Non solo, ma la selezione casuale consente che potenzialmente tutti i cittadini, a turno, ricoprano l’incarico. Nello specifico, il numero dei componenti sorteggiati per le assemblee dei cittadini di Siracusa potrebbe essere ben maggiore degli 8 componenti ipotizzati da Andolfi perché il modello da applicare non è quello del Parlamento. Tutti questi elementi fanno sì che il processo deliberativo e decisionale non sia affidato sempre ed esclusivamente ai “soliti noti”, a élite cristallizzate che con le loro scelte troppo spesso tendono a perpetuare il proprio status di potere piuttosto che a perseguire il benessere generale.

Non solo, ma il mandato dei cittadini sorteggiati così per come si prefigura si traduce anche in una sostanziale impossibilità per i cittadini stessi di ricercare benefici a titolo meramente personale a discapito di una visione comune.

C’è poi un secondo aspetto che caratterizza questi processi e che oltre all’aspetto del “diritto” alla democrazia tocca quello del “dovere” verso quest’ultima. Se infatti è vero che esiste e va perseguito un diritto all’informazione e alla partecipazione, è vero anche che è necessario un forte dovere alla responsabilità civica. E quello che le varie esperienze internazionali dimostrano è che le Assemblee dei Cittadini producono nei cittadini una forte responsabilizzazione verso le istituzioni, la politica, il loro mandato e le decisioni che sono chiamati a prendere.  In altre parole, per imparare ad essere bravi cittadini è indispensabile e imprescindibile fare i cittadini! Ed è per questo che debbono essere create le condizioni per permettere ai cittadini di mettersi alla prova, di essere coinvolti nella politica e nell’amministrazione del “bene comune”, di poter fare la differenza con le loro idee e proposte. Il meccanismo psicologico dell’ignoranza razionale parla chiaro in questo senso: chiunque, se posto nelle giuste condizioni, a prescindere dal proprio bagaglio culturale e conoscitivo, si impegnerà al massimo per onorare al meglio il compito che gli è stato assegnato. Senza comunque mai dimenticare che i cittadini sorteggiati vengono sostenuti ed affiancati da esperti ed accademici. I quali consentono ai membri delle Assemblee di avere una visione chiara, approfondita ed esaustiva del tema affrontato. Nient’altro se non la realizzazione pratica del noto monito di Einaudi “conoscere per deliberare”!

Ecco che, come sosteneva Alexis De Tocqueville a fine ‘800, queste pratiche di democrazia deliberativa coinvolgenti comuni cittadini sorteggiati si prefigurano come “scuole di democrazia per tutti e sempre aperte”. 

Di questo abbiamo bisogno! Di educazione alla responsabilità e alla complessità. Di maggiore partecipazione alle scelte importanti per la propria comunità. Solo così i cittadini potranno accrescere la fiducia in sé stessi, verso gli altri e verso le istituzioni. Per poter così finalmente vivere in una società in cui vi sia il rispetto reciproco, l’inclusione, l’ascolto e il dialogo. Liberandosi dalla tentazione di aver sempre bisogno di leader e uomini forti che ci dicano cosa dobbiamo fare e dove dobbiamo andare, nella illusoria e velleitaria pretesa di incarnare la volontà del “popolo”.

(a cura di Samuele Nannoni, coordinatore di Oderal, e Alessandro Pluchino e Andrea Rapisarda, professori associati di Fisica teorica, metodi e modelli matematici presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università degli Studi di Catania e incaricati di ricerca presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) 

 

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