Carmelo Maiorca alla (ri)scoperta delle relazioni tra Elio Vittorini, Siracusa e i suoi estimatori. Un nuovo tassello nell’antologia “Parole del premio Vittorini – Scrittrici e scrittori – interviste e ricordi”

Forse non ci sarebbe stato momento migliore della XX edizione del Premio letterario “Elio Vittorini” per far uscire questo libro: “Parole dal Premio Vittorini – Scrittrici e scrittori – interviste e ricordi”, frutto della penna di Carmelo Maiorca, nostro apprezzato collaboratore.

Sfilano davanti allo schermo della memoria nomi e voci e libri indimenticabili: da Vincenzo Consolo a Natale Tedesco, da Fabrizio Frizzi ad Arnaldo Lombardi – cui è giustamente intitolata, a lui ormai cittadino onorario di Siracusa, la sezione del premio dedicata agli editori emergenti, quest’anno appannaggio di Algra Editore ovvero Alfio Grasso e la sua “casa Algra”, Alessandra Motta e Rossella Grasso –, da Andrea Camilleri a Franca Rame; e Paolo Di Paolo, Melania G. Mazzucco,  Nicola Lagioia, Fleur Jaeggy, Domenico Cacopardo, Pino Di Silvestro, Maria Attanasio, Giuseppe Bonaviri, Roselina Salemi, Paolo Di Stefano, Roberto Alajmo… stili e scritture e temi diversissimi, ma accomunati dalla ricerca di cose oltre che di parole, nel solco dell’intento e dell’impegno vittoriniano.

Carmelo Maiorca pone domande curiose, realmente interessate, non banali, cerca di supplire con le interviste al poco spazio concesso durante le serate di premiazione a scrittori e libri, in passerella giusto il tempo di una foto prima di lasciare spazio al cantante, al politico, all’intrattenitore di turno – bene si è fatto quest’anno a dilatare le giornate dedicate al premio per permettere agli autori di incontrare la città e viceversa, a gemellare Siracusa e Alessandria nel nome di Vittorini ed Eco e non solo.

Commovente il gesto di Camilleri, che alla cerimonia di premiazione portò “in sacchetta” una lettera che gli aveva scritto Vittorini, perché “qualcosa di suo fosse presente alla cerimonia in suo onore”, illuminante il dare “parole al silenzio” di Maria Attanasio, profetico il timore di Giuseppe Montesano che la cultura “possa diventare pericolosa quando non ti porta a realizzare delle cose, quando rimane relegata in un gito vizioso di qualsiasi genere, che partorisce solo mostri”; interessante la riflessione di Vasquez Montalbán sul detective come “figura con una caratteristica sociale determinata attraverso la quale condizionare tutto lo sguardo del romanzo”; bello quando Melania Mazzucco ribadisce che il romanzo storico su una persona realmente esistita è “un modo per farla ritornare a vivere, non per seppellirla”; Nico Orengo accenna a un proprio personaggio richiamandosi al nostro Archimede, stupenda è la lingua “necessitata” che s’inventa Pino Di Silvestro per far rivivere il “nostro” Caravaggio e la sua Santa Lucia, come la citazione di Elias Canetti fatta da Carmine Abate: “lo scrittore è il custode della metamorfosi”.

Oltre all’intervistatore Maiorca, emerge anche il Maiorca gourmet, esperto di cucina: da buon collaboratore di Slow Food, da giornalista, direttore e autore non solo di articoli e libri satirici (abbiamo di recente recensito il suo “Pesci Pop”), Maiorca incalza l’autore di turno anche con domande sull’immaginario culinario di scrittori e personaggi, sul retroterra di sapori e odori che ogni pagina, ogni narratore poeta saggista porta con sé.

Interessante anche l’operazione memoriale, documentaria ed educativa sottesa alla pubblicazione: concentrare in un volume articoli altrimenti dispersi, segnare la cronistoria del premio, offrire in dono alle biblioteche pubbliche e alle scuole il libro perché possa diventare oggetto di riflessione, di studio, di lavoro laboratoriale.

A latere ricordiamo gli articoli e le interviste di Maiorca volte a ristabilire la verità storica sui luoghi vittoriniani: insieme a questo libro, che si può trovare nelle principali librerie di Siracusa, costituiscono un tassello significativo nella conoscenza sempre più approfondita della biografia, dell’opera e della memoria vittoriniana.

La prefazione del professor Antonio Di Grado fa una carrellata delle venti edizioni del premio, citando chi lo volle, chi ne fu l’anima per anni, chi lo sostenne, quali ne siano state le intenzioni originarie, che speriamo le edizioni future mantengano: inoculare “contravveleni di bellezza, di senso e di valori in una società intossicata dall’incultura, dall’intrattenimento beota, dalle risse televisive, dal tornaconto e da una pessima politica”.

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