Contagi in una casa per anziani a Canicattini. A fine marzo la “profezia” dei sindacati

Sarebbe intollerabile ripetere gli errori fatti per l’ospedale Umberto I. Intervengano i NAS

 

Tamquam non esset. Come se non ci fosse mai stato l’appello dei sindacati dei pensionati, tutti insieme, ad alzare il livello di guardia nelle case di riposo di Siracusa (se ne contano una quarantina) e provincia (oltre cento). Quante esattamente siano, almeno quante siano quelle individuate perché non è certo che tutte siano state censite, è un dato che, come sembra, ha solo il sindacato: “un censimento effettuato negli ultimi due anni”.

Non è dato sapere, al momento, cosa sia stato fatto di ciò che i segretari generali di Spi Cgil, Fnp Cisl, UilP Uil hanno pubblicamente chiesto il 29 marzo: l’immediata sanificazione di tutte le strutture, l’attivazione della sorveglianza sanitaria preventiva attraverso tamponi per gli operatori.

Sicuramente non i test diagnostici che solo nelle ultime ore si stanno eseguendo con maggiore regolarità; forse – ma onestamente non ci crediamo – la sanificazione.

Più probabilmente la chiusura, più o meno ermetica, alle visite esterne che può anche non essere sufficiente come ha purtroppo dimostrato, in queste ore, il caso di Canicattini. Un’anziana ospite della casa di riposo, ricoverata a geriatria, considerata guarita e dimessa, è risultata positiva al corona virus al suo rientro ed è stata di nuovo ospedalizzata per le gravi condizioni di salute. Questo l’esito dei contagi: 10 anziani sui 12 ospitati, 3 operatori sui 15 che prestano servizio nella residenza.

Un caso emblematico che preoccupa ancora di più alla luce di quanto affermato a fine marzo da Valeria Tranchina, Vito Polizzi, Sergio Adamo e Salvo Lantieri: “Comuni e Asp non conoscono neppure le strutture esistenti”; impossibile quindi pensare che si effettuino controlli efficaci che coprano l’intero territorio.

Nel variegato mondo delle residenze per anziani, dove a gestire è quasi esclusivamente il privato, soprattutto al sud, teoricamente, solo teoricamente, sono le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) – quelle che ospitano a tempo indeterminato o per un certo periodo persone non autosufficienti bisognose di cure costanti – ad essere più controllate. Quattro in tutta la provincia quelle registrate sul sito dell’Asp.

Ma nel silenzio che le avvolge tutte è difficile dire se sia davvero così, e difficile anche avere qualche informazione. Restano così solo le voci, il passa parola che però non può trovare spazio nella cronaca quotidiana proprio perché privo di riscontri nonostante l’allarme che genera.

Eppure il sindacato qualcosa ha detto. Anzi, a rileggere il comunicato, ha detto molto.

“Siamo a conoscenza di parecchi casi in cui, dopo la comunicazione di sintomi quali febbre e tosse, gli stessi vengono sottovalutati. Un continuo rimpallo di responsabilità che rimbalza gli anziani dal medico curante al distretto sanitario. Molti di loro, già in condizione di grande fragilità, corrono il rischio di arrivare in ospedale con uno stato già avanzato della patologia. Questo, naturalmente, li trasforma in potenziali portatori del contagio all’interno delle case di riposo, delle RSA e, di conseguenza, degli stessi operatori sanitari e dei volontari che li assistono”.

Un rischio reale, concreto, che fonda ovviamente anche sull’altra possibilità: che siano coloro che prestano servizio nelle case di riposo a portarvi il contagio data per di più l’alta presenza di positivi asintomatici.

Ancora una volta, come già accaduto per gli ospedali/focolaio dell’infezione che nulla hanno insegnato all’azienda sanitaria provinciale così da veder crescere con angosciante costanza il numero di medici e infermieri positivi all’Umberto I (la più alta percentuale della regione se i numeri dicono la verità), l’allarme che percorre l’Italia intera, e la stessa Sicilia, dei contagi nelle case per anziani sembra non preoccupare i vertici della nostra sanità.

Eppure, già a fine marzo, e siamo al 12 aprile, i sindacati hanno confermato che si trattasse di segnalazioni attendibili: “Alcune di queste sono preoccupanti, servono sforzi immediati e controlli a tappeto; ognuno assuma le proprie responsabilità. Lo chiediamo principalmente all’ASP provinciale, ai Comuni che hanno convenzioni con le strutture di residenza per anziani e con le cooperative sociali. Alcune, tra queste ultime, stanno bloccando per paura i servizi essenziali e hanno avviato la procedura di cassa integrazione per i propri dipendenti”.

In sostanza quindi, secondo i sindacati, gli anziani ospiti in queste strutture rischiano anche di essere privati dell’assistenza necessaria, indispensabile.

Nell’eventuale inerzia di Asp, Prefetto, Sindaci, sarà forse solo un intervento risolutivo dei NAS, con una verifica a tappeto delle condizioni igienico-sanitarie di tutte le residenze per anziani, censite o meno che siano, ad allontanare ogni dubbio e a chiarire se, nei confronti della parte più debole e a rischio della popolazione, si sia fatto quanto dovuto.

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