IL TEATRO GRECO DI SIRACUSA è ‘CARIATO’. L’allarme del professore Lorenzo Lazzarini

Si apre una nuova stagione di sovraccarico antropico per il teatro greco. Con grande enfasi, e scarsissima attenzione per un bene monumentale, si annunciano i prossimi eventi estivi: una decina di spettacoli che probabilmente, come già accaduto, saranno tutti autorizzati dalla Commissione regionale Anfiteatro Sicilia nell’ambito della quale i direttori dei parchi al più vengono consultati ma non hanno diritto di voto. Un’assurdità! Un enorme stress cui sarà sottoposto il teatro antico più bello e importante d’Italia. Ma tutto si può fare nella città in cui in tempi record si cambiano i vincoli diretti di inedificabilità assoluta per futili ragioni. Soprattutto se si è in campagna elettorale e più cose si annunciano e si offrono (anche se non ancora del tutto definite e autorizzate) meglio è.

Abbiamo per questo ritenuto necessario ascoltare una delle voci più autorevoli, anzi la più autorevole, in materia di conoscenze e competenze tecniche sui materiali lapidei, quelli con cui secoli e secoli fa sono state realizzate opere che, giunte a noi, oggi cerchiamo di distruggere in nome del vile denaro, del profitto, del mercato. Il nostro indegno lascito alle future generazioni.

Professore Ordinario di Petrografia Applicata e Georisorse Minerarie all’Università Iuav di Venezia, autore di innumerevoli contributi di studio, la fama del professor Lorenzo Lazzarini è internazionale.

Dalle sue considerazioni emerge il quadro desolante dell’incuria con cui si tratta il nostro gioiello di famiglia: le limitatissime conoscenze della pietra in cui è stato scavato, l’effetto corrosivo dei fenomeni naturali e antropici cui non si pone ostacolo, il suo lento inesorabile disgregarsi nell’indifferenza di chi ha il compito istituzionale di salvaguardarlo. Un teatro ‘cariato’.

Sarebbe delittuoso far finta di non vedere ciò che è evidente chiosa il professor Lazzarini.

Ecco il testo dell’intervista

Professor Lazzarini, Lei nel 2016 ha fatto parte di una commissione di esperti cui era stato affidato il compito di fornire suggerimenti circa la conservazione del teatro greco di Siracusa. Chi aveva dato l’incarico, chi ha partecipato alla commissione oltre Lei, quali sono stati gli esiti del vostro studio e quale uso se ne è fatto dopo?

La soprintendente Rosalba Panvini, in collaborazione con il Comune di Siracusa e la direzione del Parco Archeologico, aveva organizzato un convegno sui teatri di Sicilia. Allora io intervenni su Eraclea Minoa. A margine ci fu un incontro informale cui ricordo parteciparono l’ingegnere Pierfrancesco Pinelli commissario dell’Inda, l’architetto Guido Meli dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali, il dottor Mauro Matteini, chimico del CNR, l’ingegnere Guido Monteforte, l’archeologo Sebastiano Muratore, presidente della Società cooperativa “Paropos”, l’impresa Pecorelli che si occupa di restauro e conservazione dei beni culturali. In quell’occasione si discusse delle conoscenze tecnico scientifiche sulla pietra del teatro e le relative morfologie, sulle cause e i meccanismi di deterioramento, e fu redatta una relazione che è però rimasta lettera morta. Per quanto ne so fu fatto solo un trattamento di stuccatura su una porzione del teatro dalla ditta Pecorelli ma non venne dato seguito a soluzioni per la conservazione del monumento. Avevo anche suggerito, tra il giugno 2016 e l’inizio della successiva stagione degli spettacoli teatrali, alcune indagini in situ e in laboratorio per colmare il gap conoscitivo sulle caratteristiche fisico meccaniche della pietra, conoscenze allo stato decisamente insufficienti. Oggi nutro speranze nell’attenzione dimostrata dal direttore del Parco Archeologico Antonello Mamo che mi ha invitato a novembre per riaffrontare le problematiche. Ovviamente ho proposto di ripartire da allora.

Immagino che siano indagini che richiederanno tempo e risorse?

Alcuni mesi certo. Si partirà da un rilievo del teatro con il laser scanner ad alta precisione, poi occorrerà una mappatura dettagliata della morfologia di deterioramento della pietra e delle sue condizioni, quindi indagini di laboratorio per capire non solo quali siano i meccanismi attivi che degradano la pietra ma anche quali materiali siano più opportuni per i necessari interventi e il tipo di consolidamento da impiegare. Per quanto riguarda invece le risorse economiche in genere sono ridicole, poche decine di migliaia di euro, irrisorie rispetto agli introiti del teatro. Segno della trascurabile importanza che si dà alla conoscenza del monumento.

Le cause del deterioramento della pietra sono sia naturali che dovute all’eccessivo carico antropico?

La qualità della pietra non è il massimo. Si tratta di fango carbonatico di origine marina. Fango litificato che presenta una porosità dal 20 al 30%, molto elevata quindi ed è una proprietà fisica da tenere in grande considerazione per il restauro. In particolare l’orchestra, ma anche la cavea, sono sottoposte allo stress dell’acqua piovana che ristagna nelle zone più depresse e ‘scioglie’ il carbonato di calcio della pietra. Un primo intervento dovrebbe essere quello di regimentazione delle acque meteoriche anche con un sistema di drenaggio nella parte alta del teatro. Lo studio idrogeologico è fondamentale ma il dottor Mamo, da geologo, lo sa bene e penso provvederà in tal senso approfondendo insieme la microclimatologia: occorre sapere di più sulla direzione dei venti e altri parametri, quali ad esempio le modalità di riscaldamento della pietra nelle diverse stagioni, per arrivare a un quadro conservativo accettabile.

Ma anche il carico antropico eccessivo è assolutamente da evitare se si vuole salvaguardare il monumento. Danni indubbi alla pietra tenera provengono altresì dall’uso dei macchinari di scena nell’orchestra. Una riflessione che va fatta in genere per tutti i teatri. Basti pensare cosa è accaduto recentemente all’Arena di Verona. A Natale, i danni causati ai gradoni dal crollo del basamento della stella cometa, stimati in centinaia di migliaia di euro, sono irreversibili secondo il Soprintendente Vincenzo Tinè. La regola dovrebbe essere, per tutti i manufatti antichi e in primis per il teatro di Siracusa, ‘usarli’ il meno possibile e con la consapevolezza di chi li calpesta. Occorre rispetto.

foto Inda

Si ritiene che proteggere il teatro con le strutture in legno sia sufficiente.

Aiuta ma non è la soluzione ideale. Esistono sistemi migliori, meno impattanti, più leggeri e protettivi come per esempio la copertura in materiale plastico traspirante utilizzato nella Basilica di San Marco a Venezia per proteggere i mosaici del pavimento calpestati da 5/6 milioni di visitatori l’anno.

A Siracusa non se ne parla per ignoranza o per ridurre eventuali maggiori costi?

No per i costi non credo, anzi. Forse perché le assi di legno sono la soluzione più facile e banale. Segno della scarsa attenzione prestata allo stato di salute del teatro.

Un refrain continuo da parte di chi non vede ostacoli all’uso massivo del teatro per gli spettacoli musicali è il confronto con altri monumenti: si fa a Taormina, si fa a Verona, perché non a Siracusa?

Un confronto insensato, impossibile da fare. Il teatro di Siracusa è svantaggiato dalla natura della pietra, è l’unico interamente scavato nella roccia, tenera. A Taormina come a Verona troviamo calcari compatti, resistenti alle sollecitazioni fisiche e chimiche. E, nonostante questo, auspico per tutti questi monumenti una maggiore attenzione.

È possibile immaginare che un intervento immediato di manutenzione straordinaria, finalizzato alla pulitura, risarcimento e consolidamento delle superfici rocciose e, successivamente, una manutenzione ordinaria costante, con cadenza annuale e con risarcimento sistematico dei danni arrecati dall’uso possa controbilanciare efficacemente il danno del carico antropico. Oppure è indispensabile subito ridurre, in termini di quantità e/o durata, tale carico?

Come dicevamo, ogni intervento vuole i suoi tempi e risponde a una prassi, ha un suo iter. Come nel caso di una malattia occorre partire dalla diagnosi, così, nel nostro caso, si deve partire da un esame diagnostico. Prima occorre studiare, migliorare le conoscenze, insufficienti lo ribadisco, sulla pietra, testare le malte e individuare i materiali più opportuni per ovviare al forte degrado. Il teatro è ‘cariato’ e alveolizzato. Fare indagini sperimentali per arrivare al consolidamento ideale: le possibilità ci sono ma vanno verificate con test in laboratorio e quindi in cantieri pilota su piccole aree del manufatto: il diserbo dalle piante superiori, la pulitura dai sali solubili, il consolidamento dove necessario, la protezione superficiale. Da qui una manutenzione straordinaria di tutto il teatro e poi la manutenzione programmata nel tempo perché è ovvio che un isolato intervento non dura per sempre. Il monumento va tenuto costantemente sotto controllo.

foto Inda

Quando è stato qui a Siracusa a novembre scorso ha potuto notare un qualche peggioramento delle condizioni del teatro

Purtroppo sì. A distanza di 8 anni l’ammalato si è aggravato. L’intervento fatto su una parte della cavea è stato certo utile ma insufficiente. Sono a rischio di distacco pezzi consistenti, soprattutto gli spigoli aggettanti se sottoposti al peso di persone o di materiali. Non si può più aspettare. Sarebbe delittuoso far finta di non vedere ciò che è evidente.

Eppure sembra che non sia possibile. Non c’è alcun ascolto a queste voci di allarme. Quali strumenti potremmo usare?

Non conosco nello specifico la normativa regionale ma certo il problema dovrebbe essere una costante preoccupazione dell’Assessore ai Beni Culturali. Forse l’autonomia regionale ha fatto male alla Sicilia. È assurdo, a mio giudizio, che per esempio non ci siano restauratori fissi per il controllo costante dei monumenti per segnalare l’eventuale necessità di interventi manutentivi. Certamente una maggiore consapevolezza da parte della comunità che ha l’onore e l’onere di custodire questo monumento unico e prezioso può servire a preservarlo.

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